Aloe: dallo scaffale al Tribunale
di Valeria Paganizza
Avete mai sentito parlare dei “botanicals”? Probabilmente state pensando alle piante, giusto? Il termine “botanicals” può avere diversi significati, a seconda del settore che vogliate considerare. Se la conversazione vertesse sulle bevande alcoliche, senza dubbio vi stareste riferendo alla miscela di erbe aromatiche o spezie che caratterizzano l’aroma della bevanda (le botaniche, appunto). Il settore di riferimento potrebbe, invece, essere quello degli integratori alimentari, ossia, come stabilito dall’Articolo 2 della Direttiva 2002/46/CE, «i prodotti alimentari destinati ad integrare la dieta normale e che costituiscono una fonte concentrata di sostanze nutritive o di altre sostanze aventi un effetto nutritivo o fisiologico, sia monocomposti che pluricomposti, in forme di dosaggio, vale a dire in forme di commercializzazione quali capsule, pastiglie, compresse, pillole e simili, polveri in bustina, liquidi contenuti in fiale, flaconi a contagocce e altre forme simili, di liquidi e polveri destinati ad essere assunti in piccoli quantitativi unitari». Quando si tratta di integratori alimentari, il termine “botanicals” sostituisce l’espressione «Preparazioni botaniche» che identifica le preparazioni da utilizzare negli integratori alimentari «ottenute da piante (ad esempio, piante intere, a pezzi o tagliate, parti di piante) mediante processi vari (come spremitura, torchiatura, estrazione, frazionamento, distillazione, concentrazione, essiccazione e fermentazione). Nelle preparazioni botaniche rientrano piante triturate o polverizzate, parti di piante, alghe, funghi, licheni, tinture, estratti, oli essenziali (diversi dagli oli e dai grassi vegetali, ad eccezione del burro e dell’olio di cocco, destinati al consumo umano diretto o all’impiego come ingredienti di alimenti), succhi ottenuti per spremitura ed essudati lavorati». La definizione è contenuta nella nota a piè di pagina 13 del Regolamento della Commissione (UE) 2023/915 del 25 aprile 2023, che stabilisce i tenori massimi di alcuni contaminanti negli alimenti e abroga il Regolamento (CE) n. 1881/2006.
Oltre ad alcune questioni relative alla definizione di botanicals, potrebbero sorgere alcune criticità sulle piante che possono essere utilizzate.
Avete presente l’Aloe? Certamente sì. È una pianta che, negli ultimi decenni, ha acquisito sempre più importanza. Sette anni fa, il Parlamento europeo formulò un’interrogazione alla Commissione (E-003875-17) sulle potenziali strategie per aumentare il commercio dell’Aloe, dato il crescente successo della pianta. Dai dati riportati nel testo dell’interrogazione, si evince che, al tempo, il commercio mondiale sarebbe ammontato a circa 61.000 tonnellate, per un valore di oltre 1,5 miliardi di euro. La risposta della Commissione fu, al riguardo, breve, limitandosi alla precisazione che il settore non era coperto delle disposizioni del Regolamento sulla Organizzazione Comune dei Mercati Agricoli. Recentemente, una nuova interrogazione (P-002244/2024) si è concentrata sul commercio dell’Aloe, sebbene per motivi diversi. La suddetta domanda è scaturita dall’adozione del Regolamento della Commissione (UE) 2021/468 del 18 marzo 2021 che modifica l’Allegato III del Regolamento (CE) n. 1925/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda le specie botaniche contenenti derivati dell’idrossiantracene. Con tale Regolamento, in ragione dei rischi per la salute umana, la Commissione ha vietato l’uso di aloe-emodina, emodina e tutte le preparazioni in cui queste sostanze sono presenti, le preparazioni a base di foglie di specie di Aloe contenenti derivati dell’idrossiantracene, dantrone e tutte le preparazioni in cui è presente tale sostanza, includendole nell’Allegato III, Parte A del Regolamento (CE) n. 1925/2006. Il Regolamento ha poi incluso nella lista dei prodotti sotto la sorveglianza della Commissione (Parte C dell’Allegato III del Regolamento) le preparazioni a base di radice o rizoma di Rheum palmatum L., Rheum officinale Baillon e i loro ibridi contenenti, le preparazioni a base di foglie o frutti di Cassia senna L., le preparazioni dalla corteccia di Rhamnus frangula L., Rhamnus purshiana DC., contenenti derivati dell’idrossiantracene, a causa dell’incertezza scientifica sulla loro sicurezza.
L’atto della Commissione è fondato sul parere scientifico dell’EFSA sulla sicurezza dei derivati dell’idrossiantracene per l’uso alimentare. Come riportato dal considerando n. 7 del Regolamento della Commissione (UE) 2021/468, l’Autorità ha evidenziato che «i derivati dell’idrossiantracene aloe-emodina ed emodina e la sostanza strutturalmente analoga dantrone si sono dimostrati genotossici in vitro. Anche gli estratti di aloe si sono dimostrati genotossici in vitro, molto probabilmente a causa della presenza di derivati dell’idrossiantracene. L’aloe-emodina si è inoltre dimostrata genotossica in vivo. L’estratto totale di aloe e l’analogo strutturale dantrone si sono rivelati cancerogeni». Di conseguenza, l’EFSA avrebbe concluso, secondo quanto riportato dal Considerando no. 8 del Regolamento, che «i derivati dell’idrossiantracene dovrebbero essere considerati genotossici e cancerogeni». Ciò avrebbe destato «preoccupazioni per la sicurezza» degli estratti contenenti derivati dell’idrossiantracene, pur nel permanere dell’incertezza scientifica. Il Regolamento aggiunge, al Considerando n. 10, che «Durante la fabbricazione è possibile rimuovere i derivati dell’idrossiantracene dalle preparazioni botaniche mediante una serie di processi di filtraggio, ottenendo così prodotti che contengono solo tracce di tali sostanze sotto forma di impurezze».
Nella sua interrogazione, il Parlamento Europeo, esprimendo preoccupazione per l’approccio della Commissione al tema, mette in discussione, in particolare, l’apertura di nuove procedure da parte dell’Istituzione UE davanti al Tribunale, in considerazione dell’insussistenza di situazioni di urgenza per la sicurezza, in relazione alle piante in questione. Chiede inoltre se la Commissione ritenga opportuno applicare l’Articolo 8 per la creazione di un elenco di piante il cui uso è vietato negli integratori alimentari, indagando infine sulla consapevolezza della stessa Istituzione riguardo all’impatto del divieto di impiego di queste sostanze, in ragione delle loro proprietà nutrizionali o fisiologiche, nel settore europeo degli integratori alimentari.
La Commissione risponde all’interrogazione parlamentare, il 26 novembre 2024, richiamando lo scopo generale e le condizioni di applicazione dell’Articolo 8 del Regolamento (CE) n. 1925/2006, e confermando che, nonostante la consapevolezza dell’impatto della suddetta disposizione, l’aspetto fondamentale da considerare è la necessità di proteggere la salute umana.
Il Regolamento citato e, implicitamente, l’approccio della Commissione al tema, sono stati oggetto di una recente Sentenza del Tribunale, nella causa T-302/21. Il procedimento nasce, in particolare, dall’azione di annullamento presentata da due aziende italiane del settore degli integratori alimentari che, in attesa dell’adozione del regolamento, avevano sostituito gli ingredienti oggetto di restrizioni con estratti di senna (Cassia angustifolia Vahl), rabarbaro (Rheum palmatum L), cascara (Rhamnus purshiana DC) e frangola o alno nero (Rhamnus frangula L). Ulteriore ricorrente è l’associazione portoghese rappresentativa delle imprese attive nel settore degli integratori alimentari, alcune delle quali immettono sul mercato prodotti contenenti Aloe, come piante intere o estratti contenenti derivati dell’idrossiantracene.
I ricorrenti propongono tre motivi di ricorso (punto 23 della sentenza) nei quali risulta determinante la distinzione tra sostanze, ingredienti contenenti quelle sostanze e preparati.
Le prime e principali contestazioni sono la mancanza di competenza, un errore di diritto e/o la violazione di requisiti procedurali essenziali (punto 24 della sentenza). Secondo i ricorrenti, la Commissione non avrebbe potuto fare affidamento sull’Articolo 8 per la modifica dell’Allegato III del Regolamento (CE) n. 1925/2006. Per facilitare il lettore, ricordiamo che l’Articolo 8 del suddetto Regolamento stabilisce una procedura da seguire quando «una sostanza diversa dalle vitamine o dai minerali, o un ingrediente contenente una sostanza, diversa dalle vitamine o dai minerali, siano aggiunti agli alimenti o utilizzati nella produzione di alimenti in condizioni tali da comportare l’ingestione di quantità di tale sostanza ampiamente superiori a quelle che ci si può ragionevolmente aspettare di assumere in condizioni normali di consumo nell’ambito di una dieta equilibrata e varia, e/o tali da rappresentare altrimenti un rischio potenziale per i consumatori». Se tutte queste condizioni risultano soddisfatte, la Commissione ha il potere di modificare l’Allegato III del Regolamento. Secondo i ricorrenti, tuttavia, l’Articolo non offrirebbe la possibilità di vietare «un prodotto alimentare, o l’alimento stesso, o addirittura intere piante» (punto 28) ma solo “sostanze” o “ingredienti” che contengono quelle sostanze e sono aggiunti agli alimenti o utilizzati nella produzione di alimenti, escludendo così il cibo consumato come tale (anche se lavorato) o le piante intere. Il Regolamento della Commissione (UE) 2021/468, invece, vieta l’uso di “preparazioni” in cui sono presenti aloe-emodina, emodina e dantrone e preparazioni che contengono derivati dell’idrossiantracene. Secondo i ricorrenti, quindi, esso includerebbe anche le piante intere, i loro estratti e le «sostanze presenti in tali piante allo stato naturale» e quindi «prodotti alimentari in sé» (punto 29).
Il secondo motivo si suddivide in due parti (punto 25). Da un lato, i ricorrenti sostengono che le disposizioni del Regolamento manchino di chiarezza in relazione all’ambito e agli effetti, contravvenendo così al principio di certezza del diritto. D’altra parte, sarebbe violato anche il principio di non discriminazione, poiché gli estratti utilizzati negli integratori alimentari sarebbero regolamentati in modo diverso rispetto alle disposizioni sul commercio delle piante nella loro forma “naturale” o degli ingredienti utilizzati come aromi.
Il terzo motivo, insieme alla contestazione della presenza di un errore di diritto (punto 26), si fonda sulla lamentata mancata osservanza del principio di proporzionalità o dei requisiti procedurali essenziali. I ricorrenti sostengono che il parere dell’EFSA del 2017, che non ha identificato «alcun effetto nocivo o la possibilità di alcun effetto nocivo» delle sostanze e preparazioni in questione e non ha stabilito un «livello sicuro per il consumo» dei derivati dell’idrossiantracene, non avrebbe potuto giustificare le modifiche agli elenchi del Regolamento (CE) n. 1925/2006.
Il Tribunale considera così la formulazione dell’Articolo 8 del Regolamento (CE) n. 1925/2006 che richiede sia disposto il divieto di aggiunta di sostanze agli alimenti, o di loro uso nella produzione, quando sia stato identificato un effetto nocivo sulla salute, con la conseguente inclusione nell’Allegato III parte A del Regolamento, mentre dispone l’inclusione, nella lista delle sostanze da sottoporre a vigilanza della parte C, di quelle sostanze per le quali sono stati rilevati effetti nocivi sulla salute ma rispetto ai quali persiste ancora incertezza scientifica. Il Giudice conferma quindi la legittimità dell’inclusione dell’aloe-emodina e dell’emodina nell’Allegato III, parte A, essendo esse «sostanze» (punto 40).
Il Tribunale si concentra quindi sull’inclusione dei “preparati” contenenti derivati dell’idrossiantracene e sulla possibilità di considerare i “preparati” come aventi, ai fini del Regolamento (CE) n. 1925/2006, lo stesso significato di “sostanza” o di “ingrediente contenente quella sostanza”. In assenza di una definizione chiara, il Tribunale si riferisce alla giurisprudenza consolidata che sottolinea come l’interpretazione debba iniziare con il significato comunemente attribuito ad un’espressione, il contesto della disposizione e la ratio sottesa. Il giudice interpreta la frase «sostanza diversa da vitamine o minerali» nell’Articolo 8 come «altra sostanza», riferendosi a una sostanza che ha un effetto nutrizionale o fisiologico ai sensi dell’Articolo 2, par. 2 del Regolamento (punto 45). Inoltre, il Tribunale fa riferimento al Considerando n. 1 del Regolamento (CE) n. 1925/2006 per confermare che, all’interno del campo di applicazione dell’atto medesimo, le piante e gli estratti vegetali devono essere considerati come nutrienti o ingredienti (punto 47).
Con riferimento alle Linee guida dell’EFSA sulla valutazione della sicurezza delle piante e delle preparazioni vegetali destinate all’uso come ingredienti negli integratori alimentari, richiamate dalla Commissione nella sua argomentazione (punto 32), il Giudice ricorda che, da un lato, sebbene siano utili per interpretare il diritto dell’ Unione europea, i documenti di orientamento non sono giuridicamente vincolanti, con la conseguenza che qualsiasi Corte dell’Unione può decidere indipendentemente da quanto affermato nel documento (punto 49). Aggiunge, inoltre, che le linee guida in questione contengono un semplice elenco non esaustivo di processi piuttosto che una vera definizione di preparazione. Il Tribunale sostiene che il termine “preparazione” sia più ampio della parola “sostanza” e che non possano essere usati come sinonimi, nel senso del Regolamento (CE) n. 1925/2006. Anche la parola “ingrediente” non può essere considerata, secondo il Giudice, come un sinonimo di “preparazioni”, dal momento che il primo rappresenta l’oggetto di un processo di fabbricazione e il secondo il risultato di quel processo.
Dato che il significato di “sostanza”, “ingrediente” e “ingrediente contenente una sostanza” non è lo stesso di “preparazione”, il Tribunale afferma che «la portata di un divieto di aggiunta ad alimenti o di utilizzazione nella produzione di alimenti delle “preparazioni” non può essere la stessa del divieto di aggiungere sostanze o ingredienti che le contengono» (punto 56). Quindi, se l’Articolo 8, par. 2, lett. a), i) del Regolamento (CE) n. 1925/2006 riconosce il potere della Commissione di includere una “sostanza” o un ingrediente contenente quella sostanza nell’Allegato III, parte A, ciò non consente automaticamente all’Istituzione dell’UE di includere “preparazioni” contenenti quella sostanza (punti 57 e 58).
Il Tribunale conclude quindi che sia l’inclusione nell’Allegato A di tutte le preparazioni in cui sono presenti aloe-emodina ed emodina, sia le preparazioni a base di foglie di specie di Aloe contenenti derivati dell’idrossiantracene, dantrone e preparazioni in cui è presente (articolo 1(1) del Regolamento (UE) 2021/468), sia l’inclusione nell’elenco dei prodotti sotto la sorveglianza della Commissione della Parte C dell’Allegato III al Regolamento (articolo 1(2) del Regolamento (UE) 2021/468) delle preparazioni dalla radice o rizoma di Rheum palmatum L., Rheum officinale Baillon e i loro ibridi contenenti derivati dell'idrossiantracene, le preparazioni dalla foglia o frutto di Cassia senna L. contenenti derivati dell’idrossiantracene, le preparazioni dalla corteccia di Rhamnus frangula L., Rhamnus purshiana DC. contenenti derivati dell’idrossiantracene sono state adottate in violazione dell'Articolo 8(2)(a)(i) e (b) del Regolamento n. 1925/2006 (punti 58-60). Annulla quindi tali disposizioni.
Per quanto riguarda il terzo motivo di impugnazione, il Tribunale sottolinea che il divieto di aggiunta o uso nella produzione alimentare di una sostanza o ingrediente che la contiene soggiace a due condizioni. La prima richiede che l’aggiunta o l’uso comportino l’ingestione di quantità della sostanza «ampiamente superiori a quelle che ci si può ragionevolmente aspettare di assumere in condizioni normali di consumo nell’ambito di una dieta equilibrata e varia, e/o tali da rappresentare altrimenti un rischio potenziale per i consumatori». Il secondo requisito è l’identificazione di un effetto nocivo sulla salute. Le disposizioni del Regolamento della Commissione sembrano, tuttavia, non soddisfare alcuna delle due condizioni.
Il Tribunale annulla, quindi, la prima e seconda voce dell’Articolo 1(1) del Regolamento impugnato nella parte in cui compare la locuzione «e tutte le preparazioni in cui è presente tale sostanza», l’articolo 1(1), terza voce, nella parte in cui si riferisce alle «preparazioni a base di foglie di specie di Aloe contenenti» derivati dell’idrossiantracene e l’articolo 1(2), criticando implicitamente l’approccio della Commissione sulla questione.