Il lungo viaggio della cell-based meat tra Singapore, USA e Israele, passando per l’Unione europea.
Scottanti dibattiti regolatori – e non solo –.
di Giulia Formici
La carne a base cellulare tra considerazioni etiche, politiche, economiche, ambientali e giuridiche: coordinate di viaggio.
Il 2024 pare senza dubbio destinato a diventare un anno cruciale per il futuro della cell-based meat. E’ infatti di pochi giorni fa la notizia della autorizzazione alla commercializzazione della carne coltivata di manzo nel territorio israeliano, ottenuta dall’azienda Aleph Farms, mentre nel contesto eurounitario si registra un acceso dibattito politico, ravvivato da una nota presentata al Consiglio dell’Unione europea il 22 gennaio 2024 da Austria, Francia e Italia, da cui emerge con forza la necessità di una ampia e approfondita discussione sul tema e la conseguente richiesta di intervento da parte della Commissione. Richiesta, questa, che si intreccia con il dialogo, ancora del tutto aperto, tra Italia e Unione europea (UE) avente ad oggetto la normativa italiana in materia di divieto di produzione e immissione sul mercato di alimenti e mangimi costituiti, isolati o prodotti a partire da colture cellulari o tessuti derivanti da animali vertebrati (L. 1° dicembre 2023, n. 172).
Tutte queste recenti notizie consentono di cogliere sin da subito non solo l’eterogeneità marcata di stadi di sviluppo nonché di approcci politici e regolatori caratterizzanti la commercializzazione della carne coltivata, ma anche la grande attenzione che ricerca scientifica, aziende, gruppi di interesse e organizzazioni di categoria, legislatori, policymakers, Istituzioni e mondo della politica stanno prestando a questo prodotto innovativo.
Il progresso tecnico-scientifico degli ultimi decenni, come noto, ha reso possibile la produzione di carne ottenuta in vitro a partire da cellule staminali prelevate dall’animale – nella maggior parte dei casi dall’animale vivo mediante biopsia –, fatte proliferare e differenziare all’interno di bioreattori attraverso tecniche di coltura cellulare e ingegneria tissutale, in terreni di coltura contenenti fattori di crescita di diversa origine, al fine di ricavare fibre e tessuti. Il prodotto così ottenuto – variamente denominato carne sintetica, artificiale, da laboratorio o carne clean e slaughter-free, o ancora coltivata o cell-based meat, a seconda delle accezioni che si vogliono porre in rilievo – rappresenta una fonte alternativa di proteine animali.
Per tale ragione e alla luce del suo innovativo processo produttivo, la carne a base cellulare avrebbe potenzialmente un impatto positivo in termini di animal welfare, riducendo il numero di animali macellati, e potrebbe fornire una risposta – certamente non l’unica e risolutiva – alla urgente sfida della sostenibilità alimentare e della creazione, quindi, di food systems capaci, al contempo, di sfamare una popolazione in continuo aumento – con un correlato incremento del fabbisogno di proteine animali – nonché di ridurre l’impatto su ambiente, biodiversità e cambiamento climatico. Se l’allevamento di bestiame per la produzione convenzionale di carne è responsabile dell’utilizzo del 30% della superficie terrestre coltivabile e dell’8% dell’acqua dolce (Cheli et al., 2023), mentre la livestock supply chain è alla base della emissione del 14,5% dei gas serra mondiali (FAO, 2016), la carne coltivata garantirebbe un minore consumo in termini di suolo e acqua mentre una diminuzione significativa del livello di emissioni risulterebbe fortemente dipendente dalla tipologia di energia utilizzata (a seconda che sia derivante da combustibili fossili o da fonti rinnovabili) (Cheli et al., 2023; Chriki&Hocquette, 2020). Il particolare metodo di produzione, inoltre, permetterebbe di ridurre l’impiego di antibiotici, così limitando i rischi di antibiotic resistence, di arricchire la carne di elementi importanti per la salute dell’uomo (vitamina B12 ad esempio), nonché di diminuire sensibilmente il pericolo di zoonosi (Post et al., 2020).
Va sin da ora precisato, tuttavia, che gli studi ad oggi disponibili risultano ancora piuttosto limitati, anche in considerazione del fatto che la carne coltivata, benché autorizzata – come si vedrà – in alcune parti del mondo, non è ancora prodotta su larga scala. I dati raccolti non consentono pertanto di addivenire a conclusioni definitive. Sul fronte poi della sicurezza del prodotto per la salute dei consumatori (food safety), le pubblicazioni scientifiche – tra cui, da ultimo, si segnala un ampio dossier elaborato dalla Food and Agriculture Organization delle Nazioni Unite (FAO, 2023) – pongono in rilievo profili di sviluppo e ricerca che attengono: i) alla implementazione di metodi di produzione che considerino i possibili hazards (diversi dal concetto di rischio acclarato), anche con riferimento agli effetti a lungo termine della crescita cellulare; ii) alle proprietà organolettiche e all’“aspetto” della carne coltivata – quanto al colore, ad esempio, o alla capacità di riprodurre strutture sempre più simili alla fisiologia dei diversi tagli di carne –; iii) allo sviluppo di “terreni di coltura” non di origine animale (Cheli et al., 2023).
Mentre la comunità scientifica prosegue quindi in un attento lavoro di ricerca per definire con sempre maggiore chiarezza punti di forza e di debolezza di questo alimento innovativo, negli ultimi anni si sta assistendo altresì ad un vivace dibattito politico e legislativo che interseca considerazioni relative alla salute del consumatore con quelle attinenti ai costi e all’accessibilità della cell-based meat, nonché ai possibili riverberi socio-economici sulle filiere agro-alimentari esistenti, soprattutto quelle basate sull’allevamento convenzionale. A tali valutazioni sono da sommarsi delicati quesiti etici, anche legati al benessere degli animali, o ancora interrogativi che si connettono al concetto di identità culturale, che trova nel cibo e nelle tradizioni culinarie e produttive un nesso forte.
Qui di seguito si intende allora proporre un breve viaggio ricostruttivo dei più recenti e aperti dibattiti regolatori in materia di carne coltivata e degli sviluppi concretizzatesi in diverse realtà ordinamentali, partendo da Israele, per poi passare a Singapore e USA, concludendo con l’Unione europea, legata a doppio filo agli avanzamenti caratterizzanti il panorama italiano.
La cell-based meat in Israele: la normativa in materia di Novel Foods e la recente autorizzazione della carne coltivata di manzo.
Nel gennaio 2024, l’azienda Aleph Farms ha annunciato l’avvenuta autorizzazione all’immissione in commercio in Israele della carne coltivata di manzo: questa notizia segna un primato mondiale, considerando che sino ad ora solo una tipologia di carne coltivata, quella di pollo, è risultata oggetto di commercializzazione a Singapore prima e negli USA successivamente. La decisione autorizzatoria ottenuta dall’azienda israeliana è stata adottata dall’Israel Ministry of Health (MoH) e, in particolare, al suo interno, dal National Food Service, a seguito della procedura di pre-market approval disciplinata dalla normativa in materia di Novel Foods (Direttiva 004-08 del 2006, in parte integrata dalla Public Health Food Protection Law del 2015). Questa disposizione definisce cibi innovativi tutti quei prodotti che non sono consumati in misura significativa dall’uomo nel territorio di Israele prima del 19 febbraio 2006, data di entrata in vigore della legislazione in materia, e che rientrano in una delle categorie indicate (tra cui cibi che hanno “a novel primary molecular structure or has undergone an intentional alteration in its primary molecular structure, for which there is insufficient history of safe human consumption before February 2006; contain a genetically modified organism or a part thereof; contain a plant, animal, microorganism, fungi or algae, or derived from these, for whom there is insufficient history of safe human consumption; were manufactured in a process which was not used in Israel for the manufacturing of this specific food or food component, and this process has led to a substantial change in the composition of the food, its structure or components, and has affected its nutritional value, its metabolic qualities or the level of undesired substances in it” – fonte FAO, 2022 –). Il National Food Service è quindi chiamato, sulla base di una domanda presentata dal food business operator interessato, a svolgere una valutazione quanto ad aspetti legati alla food safety – dalla tossicologia agli allergeni, alla microbiological safety dell’intero processo produttivo – nonché alla etichettatura e quindi alle informazioni da fornire ai consumatori, decidendo infine se autorizzare l’immissione in commercio del Novel Food, che, in caso di risposta positiva, viene conseguentemente inserito nella lista pubblica dei nuovi cibi.
La recente decisione riguardante la carne a base cellulare di bovino, secondo quanto riportato nella Press Release pubblicata dal Ministry of Foreign Affairs isrealiano, è stata accolta dal Primo Ministro Netanyahu come un “global breakthrough in the field of alternative protein and important news for food security, environmental protection and concern for animals”. Del resto, negli ultimi anni il Governo israeliano ha osservato con interesse gli sviluppi tecnologici in ambito agri-food, individuando nei cibi innovativi una possibile soluzione alle storiche difficoltà di approvvigionamento di acqua e alle connesse sfide della food security e della sostenibilità alimentare che contraddistinguono, per posizione geografica, situazione geopolitica e caratteristiche territoriali, il settore agro-alimentare israeliano. Non stupisce dunque che nel 2022 la Israel Innovation Authority – un’agenzia indipendente finanziata con fondi pubblici – abbia devoluto $ 18 milioni alla creazione di un grande consorzio, composto da istituti di ricerca pubblici e aziende private, volto a favorire attività di R&D in materia di proteine animali alternative e, specificamente, di carne a base cellulare.
La commercializzazione della carne a base cellulare nel resto del mondo: i casi di Singapore e degli USA.
Mentre Israele è ad oggi l’unico Paese ad aver autorizzato l’immissione sul mercato di carne coltivata di manzo, a Singapore deve essere invece riconosciuto un altro significativo primato mondiale: è in questo Paese asiatico, infatti, che nel 2020 la cell-based meat di pollo è stata per la prima volta commercializzata, sotto forma di “chicken nuggets and processed shredded poultry products containing cell-based chicken” (FAO, 2022). Questo prodotto è stato sottoposto alla procedura di previa autorizzazione disposta per i c.d. Novel Foods: secondo le disposizioni introdotte dalla Singapore Food Agency (SFA) nel 2019 (Novel Foods and Novel Food Ingredients), rientrano nella definizione di nuovi alimenti tutti quei prodotti che non vantano una “history of safe use”; con tale espressione ci si riferisce a tutte quelle “substances that have been consumed as an ongoing part of the diet by a significant population (e.g. the population of a country) for a period of at least 20 years and without reported advense human health effects” (SFA, 2023). I food business operators interessati alla commercializzazione dei Novel Foods così delineati sono pertanto tenuti a predisporre complessi dossier nei quali inserire studi attestanti la food safety del prodotto, da inviare poi alla SFA. A questa autorità viene affidato il compito di svolgere attente considerazioni sulla documentazione presentata e di addivenire ad una valutazione finale. Specifiche linee guida, contenenti un dettagliato elenco dei dati e degli studi necessari alla predisposizione dell’application, sono periodicamente aggiornate dalla SFA nonché, al suo interno, dal Novel Food Safety Expert Working Group, composto da esperti specializzati. La presenza di un forte dialogo, anche preventivo, tra autorità di controllo e aziende – attraverso la promozione di c.d. Novel Food Virtual Clinics che consentono un confronto con la SFA sin dalle prime fasi di ricerca e sviluppo del prodotto – ha facilitato la presentazione di applications riguardanti cell-based foods, così conducendo, a seguito della prima autorizzazione del 2020, ad ulteriori approvazioni di diversi formati di carne di pollo coltivata nel 2021 e, più recentemente, nel 2023, di “serum-free media” per la produzione di cell-based meat (EDB Singapore, 2023). L’attenzione delle autorità pubbliche di Singapore verso fonti di proteine alternative rientra peraltro nel più ampio progetto “30 by 30” finalizzato a rafforzare la resilienza del food system e a ridurre la forte dipendenza dalle importazioni, fissando quale ambizioso obiettivo quello di ampliare la produzione di cibo su territorio nazionale sino a coprire almeno il 30% del fabbisogno alimentare interno entro il 2030. Un progetto, questo, che ha condotto a dedicare ingenti finanziamenti all’innovazione e alla ricerca nell’ambito dei future foods, senza dimenticare iniziative specifiche volte a sostenere la riconversione dei lavoratori agricoli e a creare nuove figure professionali.
Singapore non è però l’unico Stato in cui la carne coltivata di pollo risulta ad oggi autorizzata: nel 2023 negli USA le aziende Good Meat e Upside Foods hanno ottenuto l’approvazione all’immissione in commercio da parte sia della Food and Drug Administration (FDA), con una “no questions letter”, sia del US Department of Agriculture (USDA). Questa storica decisione è intervenuta a conclusione di un percorso autorizzatorio piuttosto lungo e che trova la propria disciplina non in una normativa specificamente dedicata ai Novel Foods – come osservato in Israele e come si dirà per l’UE – bensì in un inter-agencies agreement stipulato, con una mossa anticipatoria e lungimirante, nel 2019, da FDA e USDA. Sulla base di tale accordo, alla FDA è assegnato il compito di svolgere controlli e risk assessment relativi alla prima fase della produzione, sulla base di una pre-market consultation che gli operatori interessati debbono avviare presentando documentazione sulla food safety del prodotto; la USDA è invece responsabile “for the oversight of the processing, labelling and packaging” (FDA, 2019). Dinnanzi alla autorizzazione dei primi cell-based foods, tuttavia, pare significativo accennare alle reazioni politiche registratesi in taluni Stati federati: in Florida, ad esempio, si sta dibattendo su un Proposed Bill (HB 435, Florida House of Representatives) che sancisce il divieto di produzione e commercializzazione della carne coltivata, mentre in altri contesti statuali si moltiplicano disposizioni normative volte a disporre obblighi di etichettatura specifici per la cell-based meat (si veda il Senate Bill n. 664 del Texas) o il divieto di impiegare termini abitualmente connessi alla carne derivante da produzione convenzionale – quali appunto “carne”, “hamburger” etc. – per descrivere e denominare alimenti contenenti proteine alternative (proposta House of Representatives Bill n. 2244 dell’Arizona).
La carne coltivata in Italia e nell’Unione europea: un dibattito in fieri, su più fronti.
Se nei Paesi sopra analizzati la cell-based meat di pollo o di bovino ha già concluso il proprio percorso di autorizzazione, al termine del quale gli studi sulla food safety non hanno rilevato criticità tali da impedirne la commercializzazione, nel contesto eurounitario il dibattito, tanto a livello nazionale quanto sovranazionale, pare ancora estremamente aperto, anche sul fronte regolatorio.
Ad essere osservata con attenzione è la normativa europea in materia di Novel Foods, nel cui ambito di applicazione ricadrebbe anche la carne coltivata. Sulla base, infatti, del Reg. UE 2015/2283 – entrato in vigore il 1° gennaio 2018, in sostituzione dell’ormai vetusto primo Reg. CE 258/97 – sono alimenti “nuovi” tutti quelli che rispettano contestualmente due requisiti, temporale e sostanziale. Il primo, rimasto invariato rispetto alla previa disciplina legislativa, prevede che sia nuovo qualunque alimento non utilizzato in misura significativa per il consumo umano nel territorio dell’UE prima del 15 maggio 1997 (data di entrata in vigore del primo Reg. in materia). Il secondo criterio, invece, richiede che l’alimento sia compreso in una delle categorie indicate nel lungo Art. 3, nel quale troviamo, per quanto qui interessa maggiormente, al co. 2, a), vi), gli “alimenti costituiti, isolati o prodotti a partire da colture cellulari o di tessuti derivanti da animali”, mentre al punto vii) sono inclusi gli alimenti risultanti “da un nuovo processo di produzione non usato per la produzione di alimenti nell’Unione prima del 15 maggio 1997, che comporti cambiamenti significativi nella composizione o struttura dell’alimento”.
Come ben si comprende, dunque, la carne a base cellulare, rientrando nella definizione promossa dal Regolamento vigente in materia di Novel Foods, dovrà sottostare ad una lunga e articolata procedura centralizzata di previa autorizzazione. In estrema sintesi, gli applicants interessati all’immissione in commercio di cibi innovativi debbono presentare alla Commissione un dossier scientifico, contenente dati e prove scientifiche attestanti che il nuovo alimento non presenta rischi per la salute umana. La Commissione, rendendo nota la domanda a tutti gli Stati membri, sottopone il dossier all’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA), alla quale viene affidato il delicato compito di pubblicare un proprio parere sulla food safety dell’alimento, frutto di risk assessment. La fase successiva di risk management è invece assegnata nuovamente alla Commissione che dovrà predisporre una bozza di atto di esecuzione da sottoporre al Comitato permanente per le piante, gli animali, gli alimenti e i mangimi (c.d. Comitato PAFF) (comitatologia). Ai fini della decisione finale, è bene evidenziarlo sin da ora, la valutazione scientifica di EFSA non è però l’unico elemento che la Commissione è chiamata a vagliare: quest’ultima, infatti, potrà tenere conto anche delle disposizioni pertinenti del diritto dell’UE, tra cui il principio di precauzione – richiamato peraltro al Considerando 20 del Regolamento stesso – nonché di eventuali altri fattori legittimi (Art. 12, co. 1, Reg. UE 2015/2283), tra cui ben possono essere fatte rientrare considerazioni economiche, sociali, etiche e ambientali. La bozza dell’atto di esecuzione così disposto dovrà quindi essere discusso in seno al Comitato PAFF, composto dai rappresentanti degli Stati membri, il quale voterà a maggioranza qualificata. In caso di voto positivo, il Novel Food verrà inserito nella Union List, pubblicamente accessibile, e potrà dunque fare il proprio ingresso nel mercato europeo.
Fino ad ora la procedura di autorizzazione dei Novel Foods così disposta ha dato prova di efficace funzionamento, permettendo di registrare una sostanziale convergenza di posizioni tra EFSA, Commissione e rappresentanti degli Stati membri in seno al Comitato (Volpato, 2022). Il vivace dibattito – anche politico – sulla carne a base cellulare e la diversità di approcci manifestati nel territorio europeo, tuttavia, pare potenzialmente in grado di mettere in discussione l’adeguatezza della normativa analizzata e la sua capacità di reggere dinnanzi a questioni controverse e articolate, passibili di essere influenzate da considerazioni non meramente limitate alla food safety e in grado anche di provocare spaccature e contrapposizioni tra valutazioni scientifiche e politiche nonché tra Stati membri e Istituzioni europee. Del resto, pur in assenza, ad oggi, di domande di autorizzazione presentate alla Commissione aventi ad oggetto cell-based meat, questo prodotto è già stato posto al centro dell’attenzione da diversi Governi e legislatori nazionali: mentre nei Paesi Bassi è stata approvata dal Parlamento una mozione (Kamerstuk 274258, no. 383) volta a rendere possibile il tasting di carne coltivata – in condizioni controllate, disposte da un codice di condotta determinato dal Governo nel luglio 2023 –, in Francia è stata presentata, ed è quindi in discussione dinnanzi all’Assemblea nazionale, la Proposition de loi n. 1965 finalizzata a vietare la produzione, commercializzazione e vendita della c.d. viande de synthèse. In Italia, invece, è stata approvata la Legge n. 172 del 1° dicembre 2023 (GU n. 281, 1° dicembre 2023) recante “Disposizioni in materia di divieto di produzione e immissione sul mercato di alimenti e mangimi costituiti, isolati o prodotti a partire da colture cellulari o di tessuti derivanti da animali vertebrati nonché di divieto della denominazione di carne per prodotti trasformati contenenti proteine vegetali”. Per quanto qui interessa, questa normativa, richiamando il principio di precauzione, ha disposto un divieto generale di vendita, detenzione, importazione, produzione per esportazione, somministrazione o distribuzione di cell-based foods, tra cui ovviamente rientra la carne coltivata. Tale disposizione, che ha scatenato nel panorama nostrano le più diverse reazioni, non ha peraltro mancato di sollevare dubbi quanto alla compatibilità con il diritto dell’UE e, in particolare, con il Reg. UE 2015/2283. Se ad oggi, infatti, la carne coltivata non è autorizzata neppure a livello eurounitario, così che il divieto italiano ribadisce de facto un divieto di commercializzazione già derivante dalla sola attuazione della disciplina europea sui Novel Foods, problemi potrebbero sorgere qualora in futuro – un futuro che ad oggi pare ancor più incerto, viste le iniziative in seno al Consiglio dell’UE, di cui si dirà a breve – si dovesse addivenire ad una autorizzazione di prodotti derivanti da colture cellulari o tessuti animali da parte della Commissione, a conclusione della procedura sui nuovi alimenti sopra delineata. Dinnanzi a tali delicate questioni – che potrebbero caratterizzare similmente anche la disposizione francese sopra richiamata, qualora venisse approvata dal Parlamento – assumerà allora particolare rilievo il dialogo con le Istituzioni europee, che ha preso avvio a partire dalla attivazione della procedura TRIS (Technical Regulation Information System). La Direttiva UE 2015/1535, in particolare, stabilisce in capo agli Stati membri il dovere di notificare qualsiasi progetto di regolamentazione tecnica che attenga, tra gli altri, alla circolazione di prodotti industriali, dell’agricoltura, della pesca. Ciò al fine di consentire alla Commissione, entro un termine di 90 giorni – prorogabili –, l’analisi delle disposizioni notificate e l’emissione di un parere, anche formulando eventuali osservazioni critiche quanto alla coerenza con il diritto dell’UE di discipline nazionali passibili di avere un impatto sul mercato unico europeo. Attivata la descritta procedura, si apre un periodo di c.d. status quo durante il quale il progetto di regola tecnica non può essere adottato in via definitiva dal notificante (Art. 6). È all’interno di tale cornice regolatoria, dunque, che il Governo italiano ha provveduto a notificare la normativa nazionale in materia di divieto di cell-based foods in data 1° dicembre 2023 – quindi dopo l’approvazione in Parlamento ma prima della pubblicazione in G.U. –. La Commissione, il 29 gennaio 2024, ha però archiviato la notifica, rilevando come, durante il periodo di status quo, la legislazione nostrana sia entrata in vigore, il 16 dicembre 2023. Registrando il mancato rispetto del termine di differimento sancito dalla procedura TRIS, la Commissione ha pertanto invitato l’Italia “a informarla del seguito dato [alla legge], anche alla luce della giurisprudenza pertinente della Corte di giustizia”. Questo richiamo finale sembra fare riferimento ad una vasta giurisprudenza europea che riconosce l’inapplicabilità delle regole tecniche nazionali in caso di inadempimento dell’obbligo di notifica o di adozione del progetto notificato prima della fine del termine di differimento.
Gli sviluppi che seguiranno all’esito della descritta procedura – segnatamente, in che modo si muoveranno il governo italiano e la Commissione stessa – meritano certamente di essere seguiti con attenzione, anche alla luce di altre più recenti evoluzioni verificatisi in seno al Consiglio dell’UE. Il 22 gennaio 2024, infatti, Austria, Francia e Italia hanno presentato, in occasione dell’Agriculture and Fisheries Council del giorno successivo e con il supporto di altri dieci Stati membri (Repubblica Ceca, Cipro, Grecia, Ungheria, Lussemburgo, Malta, Polonia, Romania, Slovacchia e Spagna), una nota (5469/1/24) riguardante proprio i lab-grown artificial cell-based foods. La produzione di questi alimenti, come dichiarato, “represents a threat to primary farm-based approaches and genuine food production methods”, tanto da imporre l’apertura di una approfondita discussione volta a trattare specificamente il tema della carne coltivata e in grado di coinvolgere non solo Stati membri e Commissione, ma anche stakeholders e cittadini, prima che venga adottata qualsiasi decisione quanto all’immissione in commercio di tali prodotti. Oltre ad indicare le aperte questioni etiche, economiche, di sostenibilità, sociali e sanitarie, gli interrogativi giuridici evidenziati paiono di grande rilievo, riguardando la vigente cornice normativa dettata dal Reg. 2015/2283. In particolare, gli Stati firmatari della nota si chiedono se “the current regulation on Novel Foods provide a suitable and comprehensive frame to assess the potential risks associated with these products while taking fully into account the precautionary principle”. Tale quesito apre alla possibile necessità di nuovi interventi normativi, in grado di rispondere alle peculiarità di cell-based foods che paiono caratterizzati da profili maggiormente controversi rispetto a diverse altre tipologie di Novel Foods. Le riflessioni sulla eventuale predisposizione di una disciplina ad hoc per tali discussi prodotti dovrebbe comunque muovere, come si legge, da un intervento della Commissione capace di promuovere un “accurate and independent science-based information sharing” e di fornire un “fact-based impact assessment (..) prior to any authorisation (..) that shall address ethical, economic, social and environmental questions, as well as, nutrition, health safety, food sovereignty and animal welfare concerns”. Viene sottolineata, inoltre, l’opportunità di avviare una public consultation on lab grown meat, capace di dar voce ai cittadini/consumatori e di trattare altresì il tema del nomen degli alimenti a base cellulare.
La presentazione della richiamata nota ha così permesso di avviare quello che si prefigura un intenso e delicato confronto tra Stati membri e Istituzioni europee; del resto, già durante l’incontro dell’Agriculture and Fisheries Council del 23 gennaio 2024, Stella Kyriakides, Commissioner for Health and Food Safety, ha affrontato la questione precisando innanzitutto che “on food safety, we are on very solid ground”, grazie alla procedura di previa autorizzazione sancita dal Reg. UE 2015/2283 e al risk assessment affidato ad EFSA; a tal proposito è stato messo in rilievo come, nonostante non vi siano al momento richieste di autorizzazione, la Commissione abbia già invitato EFSA a rivedere e aggiornare le linee guida e la documentazione richiesta per lo svolgimento del risk assessment, al fine di condurre alla “introduction of state-of-the-art provisions for the safety and nutritional assessment of lab-grown and cell-based foods”. Nel ricordare come anche sfide e questioni di tipo etico, socio-economico e ambientale debbano essere parte del decision-making process caratterizzante la procedura di autorizzazione dei nuovi cibi, Stella Kyriakides ha altresì riconosciuto l’importanza della ricerca, al fine di ottenere quei dati, al momento scarsi, che soli possono consentire precise valutazioni sui cell-based foods. Questo intervento, insieme alla nota presentata, pare così segnare l’avvio di un ampio e articolato percorso che intende sempre più coinvolgere il livello sovranazionale, anche ponendo interrogativi di grande interesse sulla adeguatezza dell’attuale assetto normativo europeo in materia di Novel Foods. Osservare quale seguito verrà dato alle richieste formulate da alcuni Stati membri, unitamente alla posizione che la Commissione vorrà esprimere dinnanzi a scelte di divieto assunte a livello nazionale, sembra pertanto di fondamentale importanza per comprendere il futuro della carne coltivata nel vecchio continente.
Un assaggio di futuro? La difficile sfida regolatoria e le prossime tappe del dibattito.
Nei paragrafi precedenti si è cercato di fornire una panoramica sintetica dei diversi approcci regolatori e delle differenti policies che caratterizzano la disciplina della commercializzazione della cell-based meat – e più in generale dei cell-based foods – nel mondo. Le discussioni politiche e normative ancora aperte e che coinvolgono anche molti altri ordinamenti, oltre quelli qui esaminati – dalla vicina Svizzera, al Regno Unito, alla Cina – impongono attente riflessioni che non possono che fondarsi, innanzitutto, sulla promozione della ricerca. La comunità scientifica, infatti, è chiamata a contribuire con i propri studi ad una migliore comprensione di questi prodotti innovativi e del loro impatto sulla salute del consumatore, mediante la predisposizione di sempre più precisi risk assessment e hazard identification. Accanto a tali imprescindibili e primarie ricerche, però, assumono centrale rilievo studi finalizzati a delineare l’impatto ambientale e la sostenibilità – anche economica e sociale – della carne coltivata, la sua accessibilità, la percezione e corretta informazione del consumatore, capace di tenere in considerazione aspetti nutrizionali, ambientali nonché culturali. Tutti questi profili non possono, infine, che accompagnare approfondite valutazioni giuridiche, in grado di cogliere, con una visione olistica, le sfide poste, da un lato, dalle esigenze di food security e, dall’altro, dalla necessità di preservare ecosistemi, risorse naturali e biodiversità – anche dinnanzi alle conseguenze negative del cambiamento climatico –, pur garantendo un elevato livello di tutela della salute del consumatore.
Il caso della carne coltivata si pone, quindi, quale paradigmatico esempio di quanto disciplinare l’innovazione tecnico-scientifica debba, oggi più che mai, tendere a scelte legislative che sappiano dialogare con le scienze, lontano da strumentalismi e ideologie, e porsi al servizio, al contempo, della salute dell’uomo e del Pianeta.