ILLICIT TRADE IN FOOD AND FOOD FRAUD
Di Francesca Consorte
L’Organizzazione mondiale del commercio (WTO) ha per la prima volta pubblicato uno studio sul commercio illecito di alimenti e sulla frode alimentare. La pubblicazione raccoglie contributi di esperti del WTO e di altre importanti organizzazioni internazionali, anche del settore privato (TRACIT, FAO, ISF, SSAFE e UNICRI; v. https://www.wto.org/english/res_e/booksp_e/itfff_ch_introduction_e.pdf). Essa non rappresenta dunque la posizione ufficiale del WTO sul tema, ma riporta i preziosi contributi degli autori, i quali, pur riconoscendo l’importante ruolo svolto dal commercio internazionale nel ridurre la fame nel mondo, non mancano di evidenziare come le sue derive patologiche, integrate dal commercio illecito di alimenti e dalle frodi alimentari, siano foriere di danni considerevoli; danni che non si limitano a colpire solo lo stesso commercio internazionale, ma che assumono una dimensione “globale”, tanto da costituire una seria minaccia per il raggiungimento di ben 11 degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite (in particolare CAP. 3). Così, ad esempio, la pubblicazione ricorda in diversi passaggi come alimenti e bevande non genuini (i.e. fraudulent and fake food and beverages) possano causare danni alla sicurezza alimentare e alla salute pubblica e come allo stesso tempo le condotte illecite considerate possano ripercuotersi sull’attività commerciale legittima e sui relativi costi (a causa dell’intensificazione dei controlli e delle barriere commerciali) ed incidere negativamente sulle entrate fiscali e sulle “spese” sostenute dai governi a discapito di investimenti funzionali a promuovere il benessere sociale. Vari sono del resto gli stakeholders che possono subire pregiudizi a causa di queste pratiche illecite; si pensi solo per fare un esempio ai consumatori (ad es. sotto il profilo del danno alla salute oltre che economico), agli agricoltori e alle aziende agricole (ad es. sotto il profilo della fiducia nel marchio e dello svantaggio competitivo rispetto a chi ricorre alle frodi). Emblematica della “dimensione” degli effetti negativi del fenomeno è la stima annuale del suo costo globale, che stando alla pubblicazione potrebbe ammontare a 30-50 miliardi di dollari; ciò, senza contare le perdite connesse al commercio illecito degli alcolici (CAP. 1). In conclusione, le pratiche illecite esaminate rappresentano un ostacolo allo sradicamento di fame e povertà, al miglioramento della salute, alla maggior consapevolezza dei consumatori, finendo con il minare una crescita economica sostenibile.
Il WTO è da tempo impegnato nella lotta a questi fenomeni illeciti e – grazie ad una serie di misure dallo stesso WTO adottate – fornisce alcuni strumenti e spunti che possono aiutare a contrastarli; ciò, nella consapevolezza che una risposta completa, per essere efficace a livello globale, deve fondarsi su una combinazione di diversi fattori, quali l’adozione di misure normative e di strumenti adeguati a garantire l’applicazione della legge, la cooperazione con l’industria e a livello internazionale, l’ educazione dei consumatori. Più precisamente, la pubblicazione si propone di stimolare la discussione sotto nuovi profili e di incentivare una riflessione anche in merito a potenziali azioni future del WTO.
Volendo analizzare alcune questioni specifiche affrontate dagli autori, un tema particolarmente interessante concerne la “perimetrazione” delle pratiche di commercio illecito di alimenti e di frode alimentare. Pur non proponendosi l’obiettivo di colmare la mancanza di una definizione giuridica armonizzata del fenomeno a livello internazionale, la pubblicazione sotto questo profilo è di notevole importanza posto che riporta diverse definizioni di tali pratiche illecite, facendo emergere la natura “variabile” delle stesse. Più nel dettaglio, una delle definizioni più complete di frode alimentare è individuata in quella fornita dal rapporto del 2019 della Transnational Alliace to Combat Illecit Trade (TRACIT), che identifica il fenomeno nella «intentional substitution or dilution of an authentic food or ingredient with a cheaper product (such as replacing extra virgin olive oil with a cheaper oil), flavour or colour enhancement using illicit or unapproved substances, or substitution of one species with another» (p. 12). Viene altresì evidenziato come nella definizione il “TRACIT” includa anche il contrabbando di prodotti agricoli, pratica «typically driven by a disparity between the price of a good at its origin and its destination where it may be prohibited, or by price differentials deriving from government subsidies» (p. 12).
Esaminando le definizioni di commercio illecito e frode alimentare con particolare riferimento al sistema giuridico statunitense e a quello europeo, emergono approcci distinti. La Food and Drug Administration considera infatti come «adulterazione motivata economicamente» (EMA) «“when someone intentionally leaves out, takes out, or substitutes a valuable ingredient or part of a food” or “when someone adds a substance to a food to make it appear better or of greater value”. Other types of EMA include misbranding violations and adulteration of other products, such as animal food and cosmetics» (p. 12). Passando al fronte europeo, la pubblicazione ricorda come invece l’UE consideri la frode alimentare quale «suspected intentional action by businesses or individuals for the purpose of deceiving purchasers and gaining undue advantage there from, in violation of the rules referred to in Article 1(2) of Regulation (EU) 2017/625 on EU agri-food chains» (https://eur-lex.europa.eu/legal-content/EN/TXT/HTML/?uri=CELEX:32017R0625#d1e1146-1-1). In attesa che la Commissione del Codex Alimentarius pubblichi un nuovo documento guida sulla frode alimentare, il report esaminato evidenzia inoltre l’importanza del «Code of Ethics for International Trade in Food including Concessional and Food Aid Transactions» del 1979 (https://www.fao.org/fao-who-codexalimentarius/sh-proxy/es/?lnk=1&url=https%253A%252F%252Fworkspace.fao.org%252Fsites%252Fcodex%252FStandards%252FCXC%2B20-1979%252FCXC_020e.pdf). L’atto appena indicato precisa in particolare che il commercio internazionale di prodotti alimentari dovrebbe essere fondato «… on the principle that all consumers are entitled to safe, sound and wholesome food and to protection from unfair trade practices» (p. 13), elencando altresì caratteristiche e condizioni che dovrebbero portare ad escludere dati alimenti dal commercio (p. 13). Sempre la pubblicazione del WTO, in esame, individua un importante punto di riferimento nella definizione di Spink e Moyer (2011), secondo cui «Food fraud is a collective term used to encompass the deliberate and intentional substitution, addition, tampering, or misrepresentation of food, food ingredients, or food packaging; or false or misleading statements made about a product for economic gain» (p. 12). Da segnalare, infine, pur se meno enfatizzata, la definizione dell’International Organization for Standardization, Standard ISO 22380:2018, in ‘Security and Resilience — Authenticity, Integrity and Trust For Products And Documents — General Principles For Product Fraud Risk And Countermeasures’, che stabilisce che la frode alimentare è integrata dall’uso di «adulterant-substances (dilution, substitution, concealment and unapproved enhancements); mislabeling and misbranding; gray market or parallel trade; smuggling; theft; simulation; production over-run; and intellectual property rights counterfeiting» (p. 21, nota 4).
Risulta poi interessante evidenziare come dalla pubblicazione emerga altresì una possibile definizione allargata di “reato alimentare” che potrebbe includere anche condotte illecite connesse alla macellazione illegale di bestiame (come nel caso di etichette che falsamente attestino la natura halal o kosher dei prodotti), alla raccolta/coltivazione di risorse alimentari o all’allevamento in aree protette, alla pesca illegale, all'impiego di manodopera minorile e di migranti illegali per coltivare o produrre alimenti (p. 19). In diversi punti del report si evidenzia inoltre come il commercio illecito e le frodi alimentari siano ulteriormente aggravati dal commercio illegale delle sementi e delle sostanze agrochimiche e pesticidi. Interessante notare infine che il ‘Codex Committee on Food Import and Export Inspection and Certification Systems’ (CCFICS) abbia evidenziato, nell’ambito delle linee guida in elaborazione, come la frode possa riguardare la qualità e/o identità del prodotto ed essere collegata al prodotto in sé o al processo di produzione (p. 50).
Passando alle azioni del WTO, la pubblicazione sottolinea che, come già accennato, l’Organizzazione non ha formulato una definizione specifica di commercio illecito di prodotti alimentari o di frode alimentare. Tuttavia, essa ha fornito e continua a fornire agli Stati membri un insieme di norme efficaci per combattere quotidianamente tali fenomeni. A tal proposito sono indicati a titolo esemplificativo una serie di accordi che, in forme differenti, consentono di contrastare gli illeciti agroalimentari e le frodi del settore (CAP. 2). Si tratta dell’ “Agreement on Agriculture”, che disincentiva le coltivazioni illecite di stupefacenti nei paesi in via di sviluppo (https://www.wto.org/english/docs_e/legal_e/14-ag_01_e.htm), dell’“Agreement on Trade Facilitation”, che, incentivando tra le altre cose la trasparenza delle informazioni doganali, riduce il rischio di pratiche illecite, inclusa la corruzione (https://www.wto.org/english/docs_e/legal_e/tfa-nov14_e.htm), del “Customs Valuation Agreement”, che fornisce standard per la determinazione del valore delle importazioni, consentendo di intercettare prodotti dal prezzo non allineato agli standard e dunque frutto, probabilmente, di attività illecita (https://www.wto.org/english/res_e/publications_e/ai17_e/cusval_e.htm), dell’“Agreement on Preshipment Inspection”, che, prescrivendo pratiche standard e requisiti minimi per le ispezioni preliminari alla spedizione, rende queste ultime più efficienti (https://www.wto.org/english/docs_e/legal_e/21-psi_e.htm), dell’ “Agreement on the Application of Sanitary and Phytosanitary Measures”, che può essere utile per contrastare talune forme di commercio illecito agroalimentare evitando barriere inutili attraverso la promozione di misure basate sulla scienza (art. 2.2) portato del principio di precauzione (https://www.wto.org/english/docs_e/legal_e/15sps_01_e.htm), dell’“Agreement on Technical Barriers to Trade” che si occupa delle procedure di valutazione della conformità dei prodotti e di misure sull’etichettatura alimentare (https://www.wto.org/english/docs_e/legal_e/17-tbt_e.htm), dell’“Agreement on Trade-Related Aspects of Intellectual Property Rights” (TRIPS Agreement, v. https://www.wto.org/english/docs_e/legal_e/27-trips_01_e.htm). Da ultimo, potrebbe rilevare anche il nuovo “Agreement on Fisheries Subsidies” (non ancora in vigore) considerando che - qualora la definizione di commercio illecito di prodotti agroalimentari venisse estesa alla raccolta illegale di risorse naturali - lo stesso stabilisce regole che vietano sussidi al fenomeno della pesca “illegale”, attività che determina l’impoverimento del patrimonio ittico mondiale (https://docs.wto.org/dol2fe/Pages/SS/directdoc.aspx?filename=q:/WT/MIN22/33.pdf&Open=True)