Le nuove tecniche genomiche e il progetto RIS8ttimo: una sfida per il diritto
Di Maria Chiara Errigo
Tra la notte del 20 e del 21 giugno 2024, un campo situato nei pressi di Pavia, in cui era stata avviata, per la prima volta, la coltivazione sperimentale di alcune piantine di riso ottenute tramite l’impiego delle nuove tecniche genomiche è stato colpito da un grave atto vandalico, che ne ha distrutto, quasi completamente, le colture così faticosamente realizzate. Tuttavia, per capire meglio cosa sia effettivamente successo, occorre procedere con ordine, specificando che cosa si intenda con l’espressione di ‘nuove tecniche genomiche’ e quali siano le problematiche regolatorie che ne caratterizzano la relativa applicazione.
Più specificamente , le nuove tecniche genomiche (New Genomic Techniques, da qui NGT) rappresentano l’ultima frontiera del ‘miglioramento’ genetico, individuando sofisticati meccanismi di modifica con importanti applicazioni sia nel settore sanitario, sia in quello agroalimentare. In particolare, prendendo in considerazione quest’ultimo, l’utilizzo di tali tecniche può condurre alla produzione di varietà caratterizzate da maggiore sostenibilità, con caratteristiche tali da renderle più resilienti ai cambiamenti climatici, nonché ‘immuni’ a determinati agenti patogeni, al fine di rispondere anche ad esigenze di food security, nel tentativo di garantire un maggiore approvvigionamento di cibo.
La differenza con i tradizionali mezzi dell’ingegneria genetica consiste in un maggior grado di ‘raffinatezza’ dei nuovi strumenti: nel caso degli OGM, infatti, viene utilizzata la tecnica della transgenesi, consistente nel trasferimento di un gene del tutto ‘estraneo’, appartenente, cioè, ad un organismo evolutivamente ‘lontano’, con il quale eventuali incroci in natura non risulterebbero possibili. Al contrario, con le nuove tecniche genomiche le mutazioni possono essere effettuate incidendo direttamente sulla sequenza genica dell’organismo considerato, in modo diretto e senza attingere a DNA esterno (editing genetico); oppure attraverso l’introduzione di un gene appartenente a varietà della stessa specie o ad altra comunque affine, tale per cui le modifiche effettuate potrebbero verificarsi anche tramite incroci spontanei (cisgenesi).
Fra queste tecniche, la più promettente deve essere individuata in CRISPR (Clustered Regularly Interspaced Short Palindromic Repeats), una tecnica di gene editing, che presenta potenzialità enormi, sia in campo medico-sanitario, sia in ambito agroalimentare (cfr. A. Meldolesi, E l’uomo creò l’uomo, Bollati Boringhieri, 2017; si veda anche della stessa A. il blog CRISPeR Mania, costantemente aggiornato). La tecnica è ispirata ai naturali processi di modificazione genetica degli organismi e consente di modificare, aggiungere o rimuovere materiale alterato in modo estremamente preciso. Normalmente, CRISPR opera in combinazione con la proteina Cas9, e viene paragonato ad una sorta di word processor che permette di selezionare ed editare quella specifica parte interessata. Inoltre, queste tecniche ‘non lasciano tracce’, rendendo la sequenza di DNA modificata pressochè indistinguibile da quella ‘naturale’.
Dal punto di vista della regolamentazione e, relativamente al loro utilizzo in campo agroalimentare, le più recenti tecniche genomiche sono state equiparate agli OGM: la Corte di Giustizia dell’Unione Europea, con sentenza del 25 luglio 2018, nel caso Confédération paysanne and Others v Premier ministre and Ministre de l’agriculture, de l’agroalimentaire et de la forêt (C-518/16)11, le ha assoggettate al regime di applicazione della Direttiva 2001/18/CE che disciplina l’emissione deliberata nell’ambiente e l’immissione in commercio degli organismi geneticamente modificati. Tuttavia, tale decisione non ha trovato consenso presso la comunità scientifica di riferimento, preoccupata che l’applicazione di una disciplina così rigida e articolata potesse tradursi in un ulteriore limite all’innovazione agroalimentare, come già successo nel caso degli OGM (per una disamina delle problematiche in tema di OGM, si veda F. Rossi Dal Pozzo, Profili recenti in tema di organismi geneticamente modificati nel settore agroalimentare fra procedure di comitato e tutela giurisdizionale, in Il diritto del commercio internazionale, 2, 2014).
In questo senso, dopo lo svolgimento di appositi studi, con anche il coinvolgimento di EFSA (Commission Staff Working document, Study on the status of new genomic techniques under Union law and in light of the Court of Justice ruling in Case C-528/16, 29 Aprile 2021), il 5 luglio 2023 la Commissione europea ha presentato una proposta di Regolamento relativo alle piante ottenute mediante alcune nuove tecniche genomiche, nonché agli alimenti e ai mangimi da esse derivati, e che modifica il regolamento (UE) 2017/625, volto a disciplinare l’emissione nell’ambiente di varietà ottenute tramite le nuove tecniche e l’immissione sul mercato di mangimi, prodotti o alimenti contenenti o prodotti a partire da esse.
La proposta persegue diverse finalità, fra cui quella di assicurare un elevato livello di tutela della salute umana e animale, con un’attenzione particolare rivolta anche alla salvaguardia dell’ambiente, e quella di consentire lo sviluppo e l’immissione in commercio di colture che contribuiscano a raggiungere quegli obiettivi di sostenibilità ed innovazione prefissati dal Green Deal europeo.
Più specificamente, la Commissione ha proposto la suddivisione delle colture in due categorie: la prima (la proposta di regolamento indica questo gruppo con l’acronimo NGT 1) comprende piante derivanti dall’applicazione di tecniche di mutazione genetica (in particolare, si tratta di mutagenesi sito-diretta e cisgenesi), le quali potrebbero essere anche presenti in natura o comunque ritenute equivalenti a quelle ottenute con le tecniche convenzionali, prevedendo una procedura fortemente semplificata rispetto a quella presente in tema di OGM; la seconda, invece, (nota con l’acronimo NGT 2) include tutte le altre piante, alimenti o mangimi derivanti dall’applicazione delle nuove tecniche che non rientrano nella prima categoria e per le quali, pertanto, continuerebbe ad applicarsi l’attuale articolata disciplina in materia di OGM, seppure con alcuni adattamenti (ad esempio, si escluderebbe la possibilità che i singoli Stati possano vietare o limitare la coltivazione delle varietà NGT sul proprio territorio, opzione che è oggi possibile per quanto riguarda gli OGM, grazie alla Direttiva n. 2015/412. In Italia, attualmente, non è possibile coltivare OGM, benchè la varietà sia stata comunque autorizzata a livello europeo; è però possibile procedere alla relativa importazione).
La proposta, nel suo complesso, seppure con alcuni emendamenti che non ne hanno snaturato l’impianto originario, è stata accolta dal Parlamento europeo, approvandola il 7 febbraio 2024, in seduta plenaria con 307 voti favorevoli, 263 voti contrari e 41 astenuti. Il testo è ora all’attenzione dei singoli Stati membri nell’ambito del Consiglio dell’Unione europea.
Con riguardo all’ordinamento italiano, invece, occorre sottolineare che le nuove tecniche genomiche (NGT) sono note con l’espressione di Tecnologie di Evoluzione Assistita (TEA). Questa scelta linguistica è stata determinata dal timore che il termine ‘genomico’ potesse riportare all’aggettivo ‘genetico’ e rievocare così il fenomeno degli OGM, facendo emergere le relative paure legate all’artificialità del prodotto e le conseguenti difficoltà di accettazione delle nuove tecniche. La diversa espressione utilizzata, dunque, mira ad evitare equivoci, favorendo una comunicazione più efficace con il grande pubblico: essa, infatti, rimanda ad un’idea di evoluzione naturale, più rispettosa dei ritmi delle coltivazioni, con la possibilità di realizzare modificazioni che potrebbero avvenire anche in modo spontaneo, senza la mano dell’uomo.
Inoltre, in relazione alla regolamentazione nazionale circa l’impiego delle nuove tecniche, la conversione del cosiddetto Decreto Siccità ha introdotto la possibilità di coltivare a scopo sperimentale e per finalità scientifiche «organismi prodotti con tecniche di editing genomico mediante mutagenesi sitodiretta o cisgenesi» (art. 9 bis “Disposizioni urgenti in materia di genetica agraria”, L. n. 68/2023). La normativa, dunque, ha così autorizzato la possibile sperimentazione di varietà TEA (o NGT) non più soltanto in vitro ma anche in campo; la relativa disciplina della procedura di autorizzazione interviene su quanto previsto dal d.lgs. n. 224/2003 in materia di OGM, individuando l’autorità competente nel Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica e affidando all’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA) un ruolo centrale di valutazione circa la sicurezza della ‘nuova’ varietà. La disciplina è soggetta ad un limite temporale che, se inizialmente era da individuarsi nel 31 dicembre 2024, di recente è stato esteso fino all’anno successivo (dicembre 2025) per mezzo di una modifica introdotta con la conversione del “Decreto legge Agricoltura” (si veda, in particolare, art. 1, comma 9 bis). Nondimeno, tale normativa introduce la possibilità di avviare sperimentazioni anche per colture che presentino migliorate caratteristiche qualitative e nutrizionali (non soltanto, dunque, per varietà che perseguano obiettivi di sostenibilità, legati ad una maggiore resistenza agli stress climatici).
In questo modo, grazie alla modifica introdotta a giugno 2023 con la conversione del Decreto Siccità, una prima sperimentazione, condotta da Vittoria Brambilla e Fabio Fornara (Università Statale di Milano), con il proprio team di ricerca, ha potuto prendere avvio. Il progetto, che prende il nome di RIS8imo, ha ad oggetto la coltivazione sperimentale di una varietà di riso geneticamente modificata tramite l’utilizzo della tecnica CRISPR, nel tentativo di renderla resistente ad determinato fungo (Pyricularia oryzae), responsabile del cosiddetto ‘brusone’, la più importante patologia della pianta del riso, che può portare a perdite produttive molto significative.
Il progetto è stato autorizzato e a maggio 2024 si è concretizzato con la semina di svariate piantine di riso editate nel terreno dell’azienda agricola Radice Fossati in provincia di Pavia. Tuttavia, come anticipato all’inizio, nonostante l’importanza di questo primo esperimento (che, peraltro, ha anche il merito di aver ‘aperto la strada’ alla presentazione di ulteriori richieste di autorizzazione in relazione ad altri prodotti), il campo è stato devastato nel corso di una notte, con la distruzione di quasi tutte le piantine. L’esperimento, dunque, non potrà continuare secondo gli step inizialmente previsti; alcune piante, però, sono riuscite a salvarsi, portando con sé una nota di speranza in un contesto che, sotto molti punti di vista appare ancora ‘buio’, con forti resistenze davanti alle possibilità dell’innovazione in campo agroalimentare.
Proprio su questo tema, il Dipartimento di Giurisprudenza, Studi Politici e Internazionali ha ospitato un incontro il 2 luglio 2024 (dal titolo “Crispr e il settore agroalimentare: problematiche regolatorie e prime sperimentazioni”), che ha visto la partecipazione, fra i relatori, proprio di Vittoria Brambilla e Roberto Defez, primo ricercatore al CNR di Napoli, che ha fin dall’inizio sostenuto il progetto RIS8ttimo; entrambi hanno potuto raccontare la propria esperienza diretta e le difficoltà sul fronte politico e normativo riscontrate nell’attivazione di una sperimentazione in questo settore (oltre a questi studiosi, hanno preso parte alla discussione anche altri docenti dell’Università di Parma: Lucia Scaffardi, professoressa ordinaria di Diritto Pubblico Comparato, Maria Chiara Errigo, ricercatrice di Diritto costituzionale, e Tommaso Ganino, professore associato di Arboricoltura generale e coltivazioni arboree).
Concludendo, è possibile affermare che la proposta di Regolamento europeo e le modifiche alla normativa italiana precedentemente descritte testimoniano una iniziale presa di coscienza sul tema circa l’importanza dell’innovazione agroalimentare e la necessità di fornire regole nuove, più adeguate e in linea con il quadro scientifico di riferimento, sempre bilanciando i molteplici interessi in gioco che ruotano attorno al tema delle biotecnologie agroalimentari.